domenica 21 aprile 2013

Un messaggio dall'aldila'


"Non ebbi fede nell’amore, il desiderio, il piacere, nella mia visione materialistica della vita, mi rese egoista nell'intimo del mio cuore, sicché cercai solamente il mio piccolo piacere e fui duro, quando qualcuno chiese il mio aiuto. Era la mia massima di vita, veramente triste: vivere nel godimento di cose materiali e mai rinunciare alla minima cosa in favore d'altri. Ora, senza nessuna possibilità di godere cose materiali, con il desiderio non ancora del tutto spento, anche se non può più essere soddisfatto. Questo è estremamente tormentoso, difficilmente riesco a spiegarlo nel suo orrore. Non è castigo di Dio, ma conseguenza di mia caratteristica, perciò ora sono in questo stato.Ma l'amore di Dio, splende come luce celeste in questa oscurità. E’ irradiato nel mio cuore, così che i compagni dell'oscurità non riescono più a tenermi in loro potere. Lo tentano continuamente, ma le loro ragioni non m'impressionano più e le loro offese non hanno più eco nel mio cuore. Credo all'amore di Dio, purtroppo con fede ancora fiacca, ma questa fiducia è già stata premiata. Mi rallegro del dono per il giusto orientamento interiore verso il mio destino. Questa è grazia di Dio, pensa a i figli, forse più a quelli traviati. Credo che anche il più miserabile sia oggetto prezioso per i suoi occhi, tanto prezioso che si stanca di stendere le sue braccia verso costoro finché non trovano la giusta strada e la felicità. Questo è il principio divino. Sono lieto di essere giunto a questa conoscenza. Ascolto ciò che mi dicono le alte guide. Loro vanno passo passo con me verso il mio rinnovamento interiore. In base alla loro esperienza terrena circa la conoscenza e consapevolezza universale, ora guidano qui nella vita i ciechi, segnando la strada che l'Amore divino ha impresso nel nostro spirito. Ora capisco che l'amore è decisivo, la gioia, la felicità e la pace sono impensabili senza amore.Mio compito dimostrare nella convivenza con i miei compagni, che interiormente sono diventato un altro. Questa è la prova sull'esempio. La teoria è parte, ma la pratica dimostra che è avvenuto un mutamento interiore. È mio e vostro interesse non difettare , come purtroppo avviene, anche qui, a buon proposito non segue l’azione. Perciò mi premunisco d'incontrare tutti con gentilezza anche se apostrofato con espressioni terribili; di non rispondere e non usare parole volgari o persino bestemmie, di non lasciarmi deviare dalle affermazioni che non esiste alcuna giustizia, ecc.Né mi lascio convincere di rinunciare agli esercizi (insegnamenti da parte degli abitanti delle sfere superiori), anche se mi deridono sempre di più. Sarebbero lieti che mi riducessi come loro, per ritrovarmi poi nel loro stato sensibile alla luce e nella più buia oscurità. Loro odiano la luce, perché il loro interiore è buio. Finché esiste questo stato, si è dolorosamente sensibili alla luce, come la luce solare agli occhi di un pipistrello.Purtroppo devo dire che neanche a me inizialmente piacque la luce, che mostrava inesorabile la verità. Cercai copertura. Particolarmente mi piacque paragonarmi a coloro che, secondo la mia opinione, valevano ancora meno di me... ma lentamente, con dolore ho dovuto capire. Quando aprii gli occhi all’amore, fui graziato dei miei terrori terreni, mi apparì del tutto chiaro alla coscienza. Seguì poi la mia dimenticanza del comandamento d'amore da me scarsamente considerato. Questa era la conoscenza fondamentale. Su questa potevo costruire, e quest'opera continua. E’ la mia esperienza interiore da quando sono qui, alla quale, corrisponde quella esteriore. L'oscurità e la miseria della mia esistenza inizialmente erano terribili. Da un po' di tempo è molto più facile. La mia casa è diventata più chiara, il mio corpo comincia a splendere di più. Il mio vestito, in relazione al mio interiore, è integro, mentre gli spiriti oscuri vanno attorno con stracci lacerati, o più o meno rattoppati. L'esteriore qui corrisponde esattamente all'interiore, ben diversamente che nella vita terrena, dove il più grande furfante porta spesso i più bei vestiti. Questo è uno stato terrificante. Tuttavia coloro che si trovano qui ,ci si abituano e non pensano affatto a che cosa sia dovuta questa loro condizione. Ingannano se stessi: essi sono le vittime innocenti di selezione divina, che conduce alcuni per le loro circostanze di vita nella luce, ed altri caccia nell'oscurità.Questi sono modi di dire che qui si sentono di continuo. Li conosco abbastanza, li ho spesso pronunciati io stesso. Adesso però ho migliore conoscenza. Mi vergogno di non aver creduto nell’amore e il desiderio più ardente è di riguadagnare il tempo perduto. La mia casa non è più una mezza rovina, come le case della maggioranza di qui. È diventata ospitale e lo diverrà sempre più col mio progredire. Vorrei menzionare che ricevo visita del mio spirito-guida. Mi aiuta in ogni modo e io lo amo con tutta l'anima.Non possiedo alcun giardino. L'ambiente è deserto e vuoto. Non si vedono né alberi né piante di qualsiasi genere: soltanto montagne calde e pianure sterili ed incolte. Nella nostra notte non ci sono né stelle luminose, né chiaro di luna. Tutto è avvolto in uno scialbo crepuscolo, come in una nebbiosa e breve giornata d'inverno. Solo all'orizzonte si nota un tenue barlume, che può essere riflesso delle sfere di luce. I miei occhi sono spesso rivolti là, mi appare come promessa che anch'io una volta arriverò alla luce.Come vedi, la via dall'oscurità alla luce non è breve. Talvolta penso: potessi dirlo almeno a tutti coloro che credono che la vita terrena è da godersi egoisticamente. Forse sarebbero grati se fossero avvertiti. Naturalmente i più probabilmente non credono che dall'aldilà sia possibile un avvertimento. Un simile avvertimento lo lascerebbero in balìa del vento, con la facile scusa che nessuno è in grado di darne la prova, che è un'immaginazione che inibisce il godimento della vita. Lo so per personale esperienza. Ora vedo che non è immaginazione, ma realtà come ogni realtà terrena.Mi raccomando ad una vostra intercessione. Mi è assai preziosa e ve ne ringrazio anticipatamente." Lorenzo



Tratto da : LA VITA NELLE SFERE ASTRALI di Carlo Splendore

sabato 30 marzo 2013

Rassegnazione nell’avversità


La sofferenza è una legge del nostro pianeta. In ogni condizione, in ogni età,
sotto ogni clima, l’uomo soffre e piange, malgrado il progresso sociale, milioni
d’esseri si piegano ancora sotto il peso del dolore.
Le classi elevate non vanno esenti dal male e gli spiriti più colti sentono,
anche più vivamente il dolore: il ricco soffre come il povero, nella carne e nel
cuore, e da ogni punto della terra si leva il lamento umano.
Anche nell’abbondanza, un senso di oppressione, una vaga tristezza
s’impadronisce talvolta delle anime sensibili, le quali intuiscono che il bene
non è realizzabile quaggiù dove di esso traluce soltanto qualche fuggitivo
bagliore. Lo spirito anela a vite, a mondi migliori, e un intimo senso gli dice
che tutto non si trova quaggiù. Per colui che possiede la filosofia degli spiriti,
questo vago intuito diventa certezza: egli sa dove va, conosce il perché dei suoi
mali, la ragion d’essere della sofferenza, e, al di là delle ombre e delle angosce
della terra, intravede l’alba di una nuova vita.
Per valutare i beni e i mali dell’esistenza, per sapere che cosa siano veramente
la fortuna e la sventura, bisogna elevarsi oltre la piccola cerchia della vita
terrena. La conoscenza della vita futura e della sorte che ci attende, ci
permetterà di misurare le conseguenze delle nostre azioni, la loro influenza
sul nostro avvenire.
Il male, considerato da questo punto di vista, non sarà più per l’uomo il
dolore, la perdita delle persone care, la privazione e la miseria: soltanto per
chi non vede nel futuro, la povertà, l’infermità, la malattia possono essere un
male. Per lo spirito che vede dall’alto, il male sarà l’amore del piacere,
l’orgoglio la vita inutile e colpevole. Non si può giudicare di una cosa senza
conoscerne le conseguenze, è perciò che nessuno comprende la vita se non ne
conosce lo scopo e le leggi. Le prove, purificando l’anima, preparano la sua
elevazione e la sua felicità, mentre i godimenti della terra, le ricchezze, le
passioni, la indeboliscono e le procurano, nell’altra vita, disinganni amari.
Così colui che soffre d’anima e di corpo, che è oppresso dall’avversità, può
alzare lo sguardo al cielo; egli sta pagando il suo debito al destino, sta
conquistando la propria liberazione. Ma colui che si compiace nella
sensualità, si fabbrica le proprie catene, accumula sempre nuove
responsabilità che peseranno gravemente sul suo avvenire.
Il dolore, sotto tutte le forme, è il rimedio supremo delle imperfezioni e delle
infermità dell’anima; senza il dolore non è possibile la guarigione. Come le
malattie organiche sono spesso la conseguenza dei nostri eccessi, così le prove
morali che ci colpiscono sono il risultato delle nostre colpe passate che, presto
o tardi, ricadono su di noi colle loro logiche conseguenze, poiché tale è la legge
di giustizia e di equilibrio morale. Accettiamone gli effetti come ci
assoggettiamo ai rimedi amari, alle dolorose operazioni che devono ridonare
al nostro corpo la salute e l’agilità. Anche quando la tristezza, le umiliazioni e
la rovina ci accasciano, non disperiamo: l’agricoltore squarcia il seno della
terra per farne scaturire la messe dorata, così dallo strazio dell’anima nostra
germoglierà una copiosa fioritura di bene.
L’azione del dolore stacca da noi l’impuro e il malvagio, i vizi, i desideri, tutto
ciò che viene dalla terra e che a questa deve ritornare. L’avversità è la grande
maestra, il campo fertile della trasformazione; alla sua scuola le passioni
malvagie si cambiano gradatamente in generose, in amore del bene: nulla va
perduto. Ma questa trasformazione è lenta e difficile: soltanto la sofferenza, la
lotta costante contro il male, il sacrificio di sé, possono realizzarla; per loro
mezzo l’anima acquista l’esperienza e la saggezza e, da frutto verde ed acido
qual era, si cambia, sotto l’onda rigeneratrice della prova e sotto i raggi del
divin sole, in frutto dolce, profumato, maturo per le più alte sfere.
Soltanto l’ignoranza delle leggi universali può renderci odiose le nostre
sofferenze: se comprendessimo che esse sono necessarie al nostro progresso,
e non ne temessimo l’amarezza, non ci sarebbero più di peso. Ma noi tutti
fuggiamo il dolore, e non ne apprezziamo l’utilità, se non abbandonando il
mondo su cui egli esercita il suo impero.
Eppure l’opera del dolore è feconda, esso fa germogliare in noi tesori di pietà,
di tenerezza, di affetto: coloro che non lo conobbero, nulla valgono, la loro
anima si commuove alla superficie, ma nulla in essi è profondo, né il
sentimento, né la ragione; e, non avendo mai sofferto, assistono indifferenti
alle sofferenze altrui.
Nella nostra cecità, noi imprechiamo alle esistenze oscure, monotone,
dolorose, ma quando spingiamo lo sguardo oltre gli orizzonti limitati della
terra, quando troviamo il vero scopo della vita, comprendiamo che queste
esistenze sono preziose, indispensabili per domare gli spiriti orgogliosi, per
sottometterci a quella disciplina morale senza cui non vi è progresso.
Liberi di agire, esenti da ogni cura e da ogni male, noi ci abbandoniamo alla
foga delle passioni, all’impulso del carattere e, lungi dal lavorare al nostro
miglioramento, non facciamo che aggiungere nuove colpe alle passate. Provati
dal dolore di umili esistenze, acquistiamo invece la pazienza, la riflessione, e
quella calma della mente che, sola, permette di intendere la voce superiore
della ragione.
Nel crogiuolo del dolore si plasmano le grandi anime: talvolta angeli di bontà
vengono, sotto il nostro sguardo, a vuotare il calice delle amarezze, come
esempio ai travolti dalla bufera delle passioni. La prova è una riparazione
necessaria, accettata con conoscenza di causa da molti di noi; che questo
pensiero ci sostenga nell’ora del pericolo, che l’esempio dei mali sopportati da
altri con rassegnazione toccante, ci doni la forza di rimanere fedeli alle nostre
promesse, ai virili propositi formati prima di unirci alla carne.
La nuova fede risolve il problema della purificazione per mezzo del dolore. La
voce degli spiriti ci incoraggia nelle ore difficili; essi, che già subirono tutte le
agonie dell’esistenza terrestre, ci dicono oggi:
«Soffersi e non fui felice che del mio soffrire; per esso scontai molti anni di
fasto e di piaceri. La sofferenza mi insegnò a pensare e a pregare; mai prima,
fra l’ebbrezze del piacere, la riflessione salutare mi era penetrata nell’anima,
mai la preghiera aveva sfiorato il mio labbro. Benedette le prove che mi
apersero finalmente la via della sapienza e della verità».

Tratto da: Dopo la Morte - Leon Denis -

martedì 12 marzo 2013

Mondi d’espiazione e di prova

Che dirvi dei mondi d’espiazione che voi già non sappiate,
poiché vi basta guardare la terra in cui abitate? La superiorità
dell’intelligenza di un gran numero dei suoi abitanti dimostra che non
è uno dei mondi primitivi, destinato alla incarnazione di Spiriti appena
formati dalle mani del Creatore. Le qualità innate che recanò in loro
sono la prova che hanno già vissuto e che hanno fatto un certo
progresso; ma anche i numerosi vizi ai quali si abbandonano, sono
indizio di una grande imperfezione morale. Ecco perché Dio li ha
inviati su una terra ingrata ad espiare le loro colpe con un lavoro
penoso e le miserie della vita, fino a quando essi non abbiano
meritato di trasferirsi in un mondo più felice.
Tuttavia, non tutti gli Spiriti incarnati sulla terra vi sono stati
inviati ad espiare. Le razze che voi chiamate selvagge sono composte
da Spiriti appena usciti dall’infanzia e che vi si trovano, per così dire,
per educarsi, sviluppandosi a contatto con Spiriti più progrediti. Poi
vengono le razze civilizzate a metà, che sono formate da questi stessi
Spiriti in via di progresso. Sono esse, in certo modo, le razze indigene
della terra, che sono cresciute a poco a poco in seguito a lunghi
periodi secolari, alcune delle quali hanno potuto raggiungere il
perfezionamento intellettuale dei popoli più illuminati.
Gli Spiriti che debbono espiare vi sono, se è possibile esprimersi
così, esotici, stranieri: hanno già vissuto su altri mondi dai quali sono
stati esclusi a causa della loro ostinazione nel male e perche vi
costituivano cause di turbamenti per gli Spiriti buoni. Sono stati
relegati per un certo tempo fra gli Spiriti più arretrati che hanno la
missione di far progredire, perché hanno portato con loro
un’intelligenza sviluppata ed i germi di conoscenze acquisite. È per
questo che gli Spiriti che sono in stato di punizione si trovano proprio
fra le razze più intelligenti; queste razze sono quelle per le quali le
miserie della vita hanno maggiore amarezza, perché sono più sensibili
e perché sono più colpite dal contatto con le razze primitive il cui
senso morale è più ottuso.

La terra presenta dunque uno dei tipi di mondi d’espiazione, le
cui varietà sono infinite, ma che hanno il comune carattere di servire
da luoghi d’esilio per gli Spiriti ribelli alla legge di Dio. In tali mondi
questi Spiriti debbono lottare in pari tempo contro la perversità degli
uomini e contro l’inclemenza della natura, duplice lavoro penoso che
sviluppa tanto le qualita del cuore quanto quelle dell’intelligenza. È
così che Dio, nella sua bontà, volge lo stesso castigo a profitto del
progresso dello Spirito. (SANT’AGOSTINO, Parigi, 1862).


Tratto da: Il Vangelo secondo lo spiritismo  -Allan Kardek-


venerdì 1 marzo 2013

Le prove e la morte


Fissando lo scopo dell’esistenza oltre la fortuna e il piacere, un intero
rivolgimento si opera nel nostro modo di comprendere la vita. L’universo è un
campo ove l’anima combatte per la propria elevazione, ed essa la raggiunge
cogli sforzi coi sacrifici, colle sofferenze. Tanto il dolore fisico quanto quello
morale, sono elementi necessari dell’evoluzione, mezzi potenti di sviluppo e di
progresso che ci insegnano a conoscerci meglio, a dominare le nostre
passioni, ad amarci sempre più. L’essere deve acquistare nel suo cammino la
fede, la scienza e l’amore; più sa, più ama e più si eleva. La sofferenza ci
obbliga a studiare per combattere e vincere le cause che la producono, e la
conoscenza delle cause risveglia in noi una più viva simpatia per coloro che
soffrono.
Il dolore è la suprema purificazione, la scuola a cui si attinge la pazienza, la
rassegnazione, tutte le doverose austerità; è la fiamma al di cui fuoco si fonde
l’egoismo e si consuma l’orgoglio. Tal volta, nelle tristi contingenze, l’anima
provata si ribella, rinnega Dio e la sua giustizia; ma quando, passato
l’uragano, essa si esamina, comprende che quel male apparente non era altro
che un bene, e riconosce che il dolore seppe renderla migliore, più accessibile
alla pietà, più tenera verso gli infelici.
Tutti i mali della vita concorrono al nostro perfezionamento; il dolore,
l’umiliazione, l’infermità, la sventura, separano lentamente il meglio dal
peggio, ed è per ciò che quaggiù vi sono più sofferenze che gioie. La prova
tempra il carattere, affina i sentimenti, doma le anime impulsive o superbe.
Anche il dolore fisico ha la sua utilità. Esso scioglie chimicamente i legami che
avvincono lo spirito alla carne, lo libera dai fluidi pesanti che lo avvolgono
anche dopo la morte, e lo trattengono nelle regioni inferiori. Così si spiega, in
certi casi, la morte prematura dei fanciulli: sono anime che avendo acquistato
il sapere e la virtù occorrenti per ascendere, vennero arrestate nel loro volo da
un residuo di materialità, e ritornano a completare la loro purificazione nella
sofferenza.
Non imprechiamo al dolore, esso soltanto può strapparci alla indifferenza e
alla voluttà, esso solo ci plasma l’anima donandole la sua forma più pura, la
sua più perfetta bellezza.
L’esperienza è un rimedio infallibile per la nostra ignoranza, e la Provvidenza
procede con noi come farebbe una madre antiveggente con un suo indocile
figlio. Quando noi resistiamo ai suoi richiami e trascuriamo i suoi
avvertimenti, essa ci abbandona alle delusioni ed ai rovesci, poiché l’avversità
è la miglior scuola della saggezza.
Tale è il destino della maggioranza; sotto un cielo solcato da qualche raro
lampo, noi dobbiamo percorrere un’ardua via, coi piedi lacerati dai rovi e
dalle pietre. Uno spirito in nere vesti guida i nostri passi: è il dolore - dolore
santo che noi dobbiamo benedire, poiché, scuotendo il nostro essere, lo
sbarazza dei vani gingilli di cui si compiace ornarsi, e lo rende atto a sentire
ciò che è nobile e bello.
Dati questi principi, la morte perde il suo spaventoso carattere, e risulta una
trasformazione necessaria, un rinnovamento. In realtà nulla può morire, la
morte non è che apparente; soltanto la forma esterna si muta, il principio di
vita, l’anima, rimane nella sua unità permanente ed indistruttibile.
Essa si ritrova al di là della tomba col suo corpo fluidico, nella pienezza delle
sue facoltà, con ciò che ha potuto acquistare - intelligenza, aspirazioni, virtù,
tutte le potenze di cui si è arricchita durante le sue esistenze terrestri.
Sono questi i beni imperituri di cui parla il Vangelo, i beni che «i vermi e la
ruggine non rodono e i ladri non rubano» sono queste le sole ricchezze che
possiamo portare con noi, e realizzare nella vita futura.
La morte, e la reintegrazione che a suo tempo la segue, sono due forme
essenziali del progresso; interrompendo le radicate abitudini che abbiamo
contratto, esse ci riconducono in altri ambienti, danno ai nostri pensieri un
diverso indirizzo, ci costringono a piegare il nostro spirito ai mille aspetti
dell’ordine sociale e universale.
Quando giunge la sera della vita, allorché la nostra esistenza sta per passare,
come la pagina di un libro che si svolge per far luogo ad una pagina bianca, ad
una pagina nuova, l’uomo saggio consulta il suo passato e richiama alla
memoria le sue azioni. Felice colui che in tale momento può dire a sé stesso di
aver speso bene i suoi giorni; felici coloro che accolsero con rassegnazione e
sopportarono con coraggio le loro prove! Essi, affinando l’anima nel dolore,
ne eliminarono tutto ciò che vi era di fiele ed amarezza. Ripensando a questa
vita difficile, il saggio benedirà le pene sofferte, e con serena coscienza, senza
paura, vedrà avvicinarsi l’istante della partenza.
Bando alle teorie che fanno della morte la soglia del nulla o il preludio dei
castighi eterni; tetri fantasmi della teologia, dogmi spaventevoli, sentenze
inesorabili, supplizi dell’inferno, fate luogo alla speranza, alla vita eterna! Non
una cieca tenebra, ma una luce abbagliante ci nasconde la tomba.
Avete mai osservato la farfalla, dalle ali dorate uscire dall’informe crisalide,
dal ripugnante involucro del bruco, nel quale l’insetto strisciava sul suolo?
L’avete veduta libera, nell’aria e nel sole, svolazzare di fiore in fiore? Nessuna
rappresentazione più fedele del fenomeno della morte. Anche l’uomo è una
crisalide che la morte trasforma; il corpo umano l’involucro di carne, ritorna
al gran letamaio, la nostra miserabile spoglia rientra nel laboratorio della
natura, ma lo spirito, che ha compiuta l’opera sua, si slancia verso una vita più
alta, verso la vita spirituale che segue a quella corporea, e separa ognuna delle
nostre incarnazioni come il giorno divide le notti.
Compresi da questa fede noi non temeremo la morte e, come gli antichi Galli,
oseremo fissarla senza terrore. Non più lamenti e lagrime, non più pompe
sinistre e lugubri canti: i nostri funerali diventeranno una festa che celebrerà
la liberazione dell’anima, il suo ritorno alla vera patria.
La morte è la grande rivelatrice; quante volte nelle ore di prova, quando fa
buio intorno a noi ci siamo domandati: «Perché sono nato? Perché non rimasi
nella notte profonda, là dove non si sente e non si soffre, dove si dorme il
sonno eterno?». E in queste ore di dubbio e di angoscia una voce si leva e sale
fino a noi, e questa voce dice: «Soffri per crescere e per purificarti; sappi che il
tuo destino è grande, che questa fredda terra non sarà il tuo sepolcro. I mondi
che brillano nella corona dei cieli sono le tue dimore future, l’eredità che Dio
ti riserva. Tu sei per sempre cittadino dell’universo; appartieni ai secoli
passati come ai secoli avvenire. Nell’ora presente stai preparando la tua
elevazione: sopporta dunque con calma i mali scelti da te. Semina nel dolore e
nelle lagrime il grano che germoglierà nelle tue vite future, semina anche per
gli altri, come altri seminarono per te! Spirito immortale, avanza con passo
fermo sul sentiero erto, verso le altezze da cui l’avvenire ti apparirà senza veli.
L’ascensione è penosa, e il sudore bagnerà spesso la tua fronte, ma dalla vetta
tu vedrai spuntare la grande luce, vedrai salire all’orizzonte il sole della verità
e della giustizia!».
Quella che così ci parla è la voce dei morti, delle anime amate che ci
precedettero nel regno della vera vita. Esse non dormono sotto la lapide del
sepolcro ma vegliano sopra di noi; dalle profondità dell’invisibile ci
contemplano e ci sorridono, e - mistero divino ed adorabile - ci parlano e ci
dicono: «Il dubbio è sterile, lavorate ed amate: quando avrete compiuta la
vostra parte, la morte ci unirà di nuovo». 

Tratto da:  Leon Denis - Dopo la Morte -

venerdì 22 febbraio 2013

Mondi inferiori e mondi superiori

 


La qualifica di mondi inferiori e mondi superiori è piuttosto
relativa che assoluta. Un mondo è inferiore o superiore in rapporto a
quelli che sono al di sotto o al di sopra di esso nella scala del
progresso.
Prendendo la terra come paragone, ci si può fare un’idea dello
stato di un mondo inferiore, supponendo che l’uomo vi si trovi al
grado di razze selvagge o di nazioni barbare, come se ne trovano
ancora sulla terra, e che sono i residui del suo stato primitivo. Nei
mondi ancora più arretrati, gli esseri che li abitano sono in qualche
modo rudimentali: hanno la forma umana, ma senza nessuna
bellezza; gli istinti non vi sono temperati da nessun senso di
delicatezza o di benevolenza, né dalle nozioni di giusto e ingiusto: la
forza bruta è la sola legge che li governa. Senza industrie, senza
invenzioni, gli abitanti non si occupano nella loro vita che della
conquista del cibo. Tuttavia, Dio non abbandona mai nessuna delle
sue creature: la fundo alle tenebre dell’intelligenza, giace, sempre
latente, più o menu sviluppata, la vaga intuizione di un essere
supremo. Questo istinto basta a renderli superiori gli uni agli altri e
prepara il loro sbocciare in una vita più completa: perché essi non
sono essere degradati, ma bambini che crescono.
Fra questi stati inferiori e quelli più elevati vi sono innumerevoli
gradini, e sarebbe difficile riconoscere negli Spiriti puri, smaterializzati
e risplendenti nella loro gloria, quelli che furono questi esseri
primitivi; così come sarebbe difficile riconoscere l’embrione nell’uomo
adulto.
Nei mondi che hanno raggiunto un grado superiore le
condizioni di vita morali e materiali sono del tutto diverse, anche da
quelle sulla terra. La forma del corpo è sempre, come ovunque, la
forma umana, ma abbellita, perfezionata e soprattutto più pura. Il
corpo non ha più nulla della materialità terrestre e non è soggetto, in
conseguenza, né ai bisogni, né alle malattie, né al deterioramento che
è originato dal predominio della materia. I sensi, più raffinati, hanno
delle percezioni che quaggiù vengono soffocate dalla grossolanità
degli organi; la legerezza del peso del corpo rende la locomozione
facile e spedita; invece di trascinarsi penosamente sul suolo, il loro
corpo scivola, per così dire, sulla superficie, o si libra al di sopra di
essa nell’atmosfera, senza altro sforzo che quello della volontà. Allo
stesso modo con cui si rappresentano gli angeli o con cui gli Antichi si
immaginavano i mani nei Campi Elisi. Gli uomini conservano a loro
volontà la fisionomia che hanno avuto nelle loro migrazioni passate
ed appaiono ai loro amici come questi li hanno conosciuti, ma
illuminati da una luce divina, trasfigurati dalle impressioni interiori
che sono sempre nobilmente elevate. lnvece di avere volti oscuri,
segnati dalle sofferenze e dalle passioni, sul loro viso l’intelligenza e
la vita irraggiano quella luminosità che i pittori hanno dipinto con il
nimbo o l’aureola dei santi.
La scarsissima resistenza che la materia presenta per degli Spiriti
già avanzatissimi, fa sì che lo sviluppo del corpo sia rapido e l’infanzia
breve, quasi nulla; la vita, esente da preoccupazioni o angosce, è, in
proporzione, molto più lunga che non sulla terra. In principio, la
longevità è proporzionata al grado di progresso del mondo in cui
sono. La morte non risente affatto degli orrori della decomposizione;
lungi dall’essere una causa di spavento, è considerata come una felice
trasformazione, perché in quello stato non esistono dubbi sul futuro.
Durante la vita l’anima, non essendo rinserrata da una materia
pesante, è raggiante e gode di una lucidità che le consente uno stato
quasi permanente di emancipazione, permettendole la libera
trasmissione del pensiero. La questi mondi felici i rapporti fra popoli, sempre amichevoli,
non son turbati mai dall’ambizione di asservire il vicino, né dalla
guerra chie di questa ambizione è la conseguencia. Non vi sono né
padroni né schiavi, né privilegi di nascita; la superiorità morale e
dell’intelligenza è la sola che fissa le differenze di condizioni e
costituisce la supremazia. L’autorità è sempre rispettata perché non
proviene che dal merito e perché si esercita sempre con giustizia.
L’uomo non cerca mai di innalzarsi sopra l’uomo, ma soltanto al di
sopra di se stesso, perfezionandosi. Il suo fine è quello di raggiungere
il grado di Spirito puro, ma questo desiderio incessante non è mai un
tormento ma una nobile ambizione che lo fa studiare con ardore per
arrivare ad eguagliare il suo ideale. Tutti i sentimenti teneri ed elevati
della natura umana, si trovano elevati e purificati: l’odio, le gelosie
meschine, le basse cupidigie dell’invidia, non ezistono. Un legame
d’amore e di fraternità unisce tutti gli uomini, e i più forti aiutano i più
deboli. Essi possiedono, più o meno, quanto hanno acquisito grazie
alla loro intelligenza, ma nessuno soffre per la mancanza di ciò che gli
è necessario, perché non ha da espiare nulla. In una parola: non
esiste il male.
Nel vostro mondo voi avete bisogno del male per intendere il
bene, della notte per ammirare la luce, della malattia per apprezzare
la salute. Là, invece, questi contrasti non sono necessari: la luce
eterna, l’eterna bellezza, la calma eterna dell’anima, procurano una
gioia eterna che non è turbata né dalle angosce della vita materiale,
né dai contatti con i malvagi che non possono accedervi. Ecco ciò che
lo spirito umano non può comprendere: è stato abile nel dipingere i
tormenti dell’inferno ma non è stato mui capace di rappresentare le
gioie del cielo: perché? Perché, essendo inferiore non ha sofferto che
pene e miserie, ma non ha mai intraveduto gli splendori celesti, e non
può parlare di ciò che non conosce: ma, a misura che si innalza e si
purifica, il suo orizzonte s’illumina ed esso comprende il bene che gli
si offre innanzi, come ha capito il male che ha superato.
Tuttavia, questi mondi fortunati non sono affatto mondi
privilegiati, perché Dio non fa parzialità per nessuno dei suoi figli; dà
a tutti gli stessi diritti e la stessa facilità per ottenerli; li fa partire tutti
da un eguale inizio e non accorda a nessuno maggiori doti che agli
altri: tutti possono accedere ai primi ranghi, sta a loro conquistarli col
loro lavoro, raggiungerli il più presto possibile o languire per secoli e
secoli nei bassi fondi dell’umanità.

Tratto da : Il Vangelo secondo lo spiritismo di Allan Kardec

venerdì 15 febbraio 2013

DESTINAZIONE DELLA TERRA. CAUSA DELLE MISERIE UMANE


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Ci si stupisce di trovare sulla terra tanta malvagità e tante
passioni cattive, tanta miseria e tante infermità di ogni genere, e se
ne trae l’impressione che la specie umana è davvero triste. Questo
giudizio nasce dal limitato ponto di vista in cui ci si pone e che dà
un’idea falsa del complesso delle cose. Occorre considerare che sulla
terra non si può vedere tutta l’umanità, soltanto una piccola frazione
di essa. In realtà la specie umana comprende tutti gli esseri dotati di
ragione che popolano gli innumerevoli mondi dell’universo: ora che
cosa rappresenta la popolazione della terra di fronte alla popolazione
totale di tutti questi mondi? Molto meno che un paesino in rapporto
ad un grande impero. La situazione materiale e morale dell’umanità
terrestre non ha nulla di stupefacente se ci si rende conto della
destinazione della terra e della natura di quelli che l’abitano.
Ci si farebbe un’idea falsissima degli abitanti di una grande città
se si giudicassero dalla popolazione dei quartieri più infimi e più
sordidi. In un ospizio non si vedono che malati e storpi; in un bagno
penale si trovano tutte le turpitudini e tutti i vizi riuniti; nelle contrade
insalubri la maggior parte degli abitanti è pallida, magra e malaticcia.
Ebbene! che ci si figuri la terra come un quartiere d’estrema periferia,
un ospizio, un penitenziario, un paese insalubre, e si capirà perché le
afflizioni hanno la meglio sulle gioie. Perché non si mandano
all’ospizio le persone che stanno bene, né in casa di correzione quelli
che non hanno fatto nessun male: e né gli ospizi né le case di
correzione sono luoghi di delizie.
Così come in una città non tutta la popolazione è negli ospizi o
nelle prigioni, non tutta l’umanità è sulla terra: come si esce
dall’ospizio quando si è guariti e dalla prigione quando si è scontata la
pena, l’uomo lascia la terra per mondi migliori quando è guarito dalle
sue infermità morali.

DIVERSE CATEGORIE DI MONDI ABITATI
Dagli insegnamenti impartiti dagli Spiriti si apprende che i
diversi mondi, in quanto a grado di progresso o di inferiorità dei loro
abitanti, sono in condizioni molto differenti l’uno dall’altro. Fra i mondi
ve ne sono in cui gli abitanti sono anche inferiori fisicamente e
moralmente a quelli della terra; altri sono allo stesso grado di essa,
ed altri ancora le sono superiori sotto tutti gli aspetti. Nei mondi
inferiori l’esistenza è completamente materiale, le passioni vi regnano
sovrane, la vita morale è presso a poco nulla. Man mano che questa
si sviluppa diminuisce l’influenza della materia, così che nei mondi più
progrediti la vita è, si può dire, tutta spirituale.
Nei mondi intermedi, vi è contemporaneamente il bene e il
male, predominando l’uno o l’altro a seconda del grado di progresso.
Per quanto non sia possibile fare una classificazione precisa dei
diversi mondi, tuttavia è possibile, a seguito del loro stato e della loro
destinazione, basandosi sulle più decisive sfumature, dividerli in
maniera generica come segue: mondi primitivi, destinati alle prime
incarnazioni dell’anima umana; mondi di espiazione e di prova, in cui
domina il male; mondi di rigenerazione in cui le anime che debbono
ancora espiare tragono nuove forze, pur riposandosi dalle fatiche
della lotta; mondi felici, in cui il bene supera il male; mondi celesti o
divini, soggiorni degli Spiriti purificati, in cui regna sovrano solo il
bene. La terra appartiene alla categoria dei mondi di espiazione e di
prova, ed è per questo che gli uomini vi sono esposti a tanto miserie.
Gli Spiriti incarnati su di un mondo non sono affatto
definitivamente destinati ad esso e non vi percorrono tutte le fasi
progressive che debbono percorrere per raggiungere la perfezione.
Quando hanno raggiunto su un mondo il grado di progresso che esso
ammette, passano in un altro più progredito, e così di seguito fino a
che siano arrivati allo stato di puri Spiriti. Sono altrettante tappe in
ciascuna delle quali gli Spiriri trovano elementi di progresso
proporzionati al loro avanzamento. Per essi, passare da un mondo ad
un altro di ordine superiore è un premio, come è invece un castigo
dover prolungare il loro soggiorno in un mondo infelice o essere
relegati in un mondo ancora più infelice di quello che sono costretti ad
abbandonare, quando sono ostinati nel male.

Tratto da : Il Vangelo secondo lo spiritismo di Allan Kardec

domenica 10 febbraio 2013

La malinconia

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Sapete perché una vaga tristezza si impadronisce talvolta dei


vostri cuori e vi fa trovare la vita tanto amara? È il vostro Spirito che


aspira alla felicità ed alla libertà, e che, legato al corpo che gli serve


da prigione, si esaurisce in vani sforzi per uscirne. Ma, vedendo che i


suei sforzi non ottengono il loro scopo, finisce per cadere nello



scoraggiamento e, siccome il corpo subisce la sua influenza, il


languore, lo scoramento ed una specie di apatia s’impadroniscono di


voi, facendovi sentire infelice.


Ascoltatemi; resistete energicamente a queste impressioni che


indeboliscono la vostra volontà. Queste aspirazioni ad una vita


migliore sono innate in tutti gli uomini, ma non cercate di realizzarle


quaggiù. Adesso che Dio vi manda i suoi Spiriti per istruirvi circa la


felicità che vi riserva, aspettate con pazienza l’angelo della liberazione


che vi aiuterà a rompere i legami che tengono prigioniero il vostro


Spirito. Pensate che, durante il vostro periodo di prova sulla terra, voi


dovete compiere una missione che ignorate vi sia stata affidata, cosi


dedicandovi alla vostra famiglia con l’adempiere tutti i diversi compiti


di cui Dio vi ha incaricati. E se, durante tale prova e assolvendo i


vostri impegni, vi vedrete colpiti dagli affanni, dalle inquietudini, dai


dolori, siate forti e coraggiosi per sopportarli. Affrontateli


decisamente; sono di breve durata e dovranno condurvi presso gli


amici che voi piangete, che si rallegreranno del vostro arrivo fra loro


e vi apriranno le braccia per condurvi in un luogo in cui non possono


accedere i dolori della terra. (FRANÇOIS DE GENÈVE, Bordeaux).

Tratto da : Il Vangelo secondo lo spiritismo di Allan Kardec